Interessante e stimolante l’incontro svoltosi a Bitonto lo scorso 28 settembre. La tavola rotonda, dal titolo “La pubblicità per l’avvocato: tra rete internet, social network & co.” e organizzata dall’ “Associazione Giovani Avvocati Giuseppe Napoli”, ha visto alternarsi diversi interventi, tesi a mostrare i limiti e le modalità che il Professionista Legale ha per farsi conoscere. Presenti all’incontro, vi raccontiamo gli argomenti principali discussi.
Ad oggi il Codice Deontologico presenta delle limitazioni e al tempo stesso dei punti oscuri: nel corso del dibattito si è, quindi, approfondita la possibilità di farsi pubblicità nel completo rispetto della norma e dei limiti e criteri imposti dalla stessa.
Come sottolineato nel corso dell’incontro il DDL Concorrenza prevede diverse novità per gli avvocati, “spinti” verso le società e le reti di imprese. Se lo Studio Legale o il singolo professionista vertono, quindi, verso una società o una rete di imprese, questa tipo di attività diventa, per alcuni versi dettati dalla forma societaria e non solo, simile ad una realtà imprenditoriale o aziendale.
Appare, quindi, evidente la necessità di pubblicizzare il proprio servizio e la propria professione in tutti i suoi aspetti e le limitazioni del Codice Deontologico potrebbero non favorire il lavoro del Legale.
I relatori della Tavola Rotonda hanno, quindi, invitato l’uditorio ad approfondire l’articolo 35 del Codice Deontologico per cogliere gli aspetti e le sfumature dettate dalla legge.
“L’ottica secondo la quale muoversi è quella della trasparenza e della veridicità- afferma l’avvocato Daniele Attivissimo, nostro consulente legale e Manager di Rete di Happy Network- Occorre tenere un profilo corrispondente al vero, che sia lontano da una volontà autocelebrativa. Di sicuro, laddove l’avvocato, attraverso disparati mezzi di comunicazione quali sito web o social, scelga di indicare titoli e specializzazioni, dovrà essere in grado di dimostrare, con tanto di certificazione, di possederli. Non si possono, invece, usare toni estremamente celebrativi e discriminatori nei confronti dei colleghi. Lo stesso criterio è valido per le eventuali collaborazioni. Non si potranno, invece- spiega l’avvocato Attivissimo- indicare e menzionare i clienti, nonostante l’autorizzazione da parte degli stessi”.