Il Rapporto sull’Avvocatura 2025 realizzato dalla Cassa Forense in collaborazione con il Censis analizza i temi più attuali e le principali dinamiche professionali in atto all’interno del mondo della legge, attraverso un’indagine che condensa elementi qualitativi e quantitativi per fornire una panoramica chiara di questo settore.
La professione legale sta attraversando una profonda fase di transizione, come anche riportato da Valter Militi nel documento “l’apertura a nuovi modelli organizzativi, la digitalizzazione e la possibilità di espandere la propria attività in mercati più ampi sono opportunità concrete per costruire una professione più solida e sostenibile”.
Tra le leve di questo cambiamento figura, inevitabilmente, l’integrazione dell’Intelligenza Artificiale nella pratica forense. Proprio all’AI è dedicato un interessante capitolo all’interno del Report, un focus attento per comprendere da vicino cosa pensano gli avvocati di questa rivoluzionaria tecnologia e come questa può essere implementata per migliorare la professione.
Se nel Rapporto 2024 l’AI nel settore legale veniva letta in chiave dicotomica (opportunità o minaccia), data anche una maturità del fenomeno e un maggiore impiego, questa edizione affronta due linee di approfondimento:
L’impiego dell’Intelligenza Artificiale nella professione forense è oggi un fenomeno ancora in fase di consolidamento. Solo il 27,5% degli avvocati italiani dichiara di utilizzare strumenti di AI nelle attività professionali quotidiane. Questo dato, pur denotando una progressiva apertura alla tecnologia, evidenzia come la maggioranza della categoria non abbia ancora dimestichezza con questa tecnologia.
Le motivazioni di questa reticenza possono essere riconducibili ad una insufficiente competenza tecnica utile a comprendere e implementare l’AI nella propria quotidianità.
Tuttavia, il 31,7% di coloro che non hanno ancora adottato l’AI, si dice intenzionato a farlo in futuro. Un segnale di curiosità e consapevolezza crescente che suggerisce un maggiore impiego nel futuro.
Tra le applicazioni più frequenti vi è la funzione di ricerca giurisprudenziale e documentale (per il 19,9%). Decisamente più limitata, invece, è la diffusione dell’Intelligenza Artificiale nelle fasi redazionali e decisionali: solo il 5% fa riferimento all’AI per la redazione o revisione di contratti e documenti legali. Appena l’1% la utilizza per l’automazione delle attività amministrative interne e l’1,2% per analisi predittive o per la definizione di strategie processuali.
Se quanto riportato nel paragrafo precedente delinea la situazione attuale, il Report si interroga anche sul futuro dell’AI, rispondendo alla domanda: per cosa sarà impiegato nei prossimi 5 anni?
Il Rapporto 2025 restituisce una visione plurale delle prospettive di medio periodo.
Per il 27,3% degli avvocati l’AI sarà principalmente uno strumento di automazione di compiti ripetitivi, utile per snellire e velocizzare attività amministrative, senza però sostituire il professionista legale. Quasi in egual misura, il 25,8% prevede una trasformazione profonda della professione, in cui funzioni oggi tipiche del lavoro legale saranno progressivamente automatizzate.
Una visione intermedia è rappresentata da quel 23,7% che interpreta l’AI come uno strumento complementare, in grado di affiancare il professionista, valorizzando così il binomio tra analisi algoritmica e giudizio umano. Più marginali sono le opinioni che minimizzano il ruolo dell’AI nel prossimo quinquennio (9,8%) o che ne temono una parziale sostituzione degli avvocati in alcuni ambiti.
Un’analisi anagrafica e territoriale offre ulteriori spunti di riflessione per comprendere le dinamiche dell’adozione dell’AI nel settore forense. I dati confermano una significativa variazione di impiego tra contesti socio-professionali più dinamici e contesti più tradizionalisti.
Si attesta una frattura generazionale: tra gli avvocati under 40, l’utilizzo dell’AI raggiunge il 37,4% mentre si assesta tra il 24,6% e il 26,1% nelle fasce d’età superiori. Un divario di oltre 10 punti che evidenzia il legame tra innovazione e formazione digitale, dove le nuove generazioni mostrano maggiore dimestichezza e apertura verso l’integrazione tecnologica.
Un’ulteriore differenza è presente, se consideriamo la distribuzione geografica degli avvocati.
L’hai è un fenomeno maggiormente diffuso nel Nord, più precisamente dal 31,3% dei professionisti del Nord-Ovest e dal 29,2% nel Nord-Est. Segue il Centro e il Mezzogiorno, rispettivamente con un tasso di utilizzo del 28,1% e del 24,7%.
Tale differenze riflettono le disparità infrastrutturali e culturali che rischiano di amplificare il divario tra studi professionali, incidendo anche sull’equità dell’accesso agli strumenti più innovativi.
L’ Intelligenza Artificiale apre ad una ridefinizione strutturale dei modelli operativi degli avvocati, dove efficienza e velocità si confrontano con questioni deontologiche.
Pur in presenza di timori e resistenze culturali, si stanno consolidando prassi operative ibride che suggeriscono un nuovo approccio alla professione.
Nel futuro della legge il giurista non sarà sostituito da queste tecnologie, ma dovrà adattarsi alle nuove tendenze per rimanere competitivo. I software gestionali di Legos accompagnano gli studi legali in questa transizione digitale.