Analisi 2019 sulle StartUp Legal Tech

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Analisi 2019 sulle StartUp Legal Tech

legaltech

L’analisi effettuata da avvocatoquattropuntozero, in merito al settore delle start up legal tech Italiane, per l’anno 2019, riconferma la timidezza con cui ci si muove in questo settore. Non ci sono infatti né grandi numeri né exploit di investimento.

Sicuramente il dato positivo è dato dall’aumento delle start-up operanti nel settore che da 13 diventano 21.  La maggioranza opera da due anni circa, ma qualcuna vanta un’anzianità di oramai quattro anni.

Le macroaree operative, individuate in relazione al principale asset, sono: management dello studio legale; management della practice ed esecuzione della practice: ossia servizi legali per il mercato. In ogni macrocategoria, le law tech possono essere ulteriormente suddivise in relazione alle task specifiche.

Nella maggior parte dei casi (12 su 21) le law tech italiane appartengono all’ultima categoria, quella dei Legal services

Ogni lawtech, che ovviamente ha come riferimento un avvocato o uno studio legale, si dedica ad un ambito giuridico predefinito: c’è chi si propone di agire nel settore del recupero crediti condominiali, chi offre compliance automatizzata, chi ha il suo ambito di elezione nel diritto societario, chi studia le nuove normative come quella del mediocredito centrale o della crisi d’impresa per offrire sistemi automatizzati di analisi dei dati.
Nel raccogliere le testimonianze di alcuni dei CEO dei progetti, abbiamo rilevato infatti la volontà di realizzare efficienza ed economicità sul mercato dei servizi legali, senza cedimenti sul fronte della qualità.

Toffoletto così si esprime in merito al legal tech: “Il digitale sta cambiando il modo con il quale il consumatore cerca soddisfazione al proprio bisogno: lo fa sul web. La domanda anche di servizi professionali qualificati si sta trasformando in una query sul motore di ricerca e chi cerca si aspetta di avere in poco tempo buone risposte. (..) Il sistema Paese sconta scarsa diffusione di conoscenze di base e di competenze digitali.”

Dall’analisi effettuata, si riscontra un parere concorde di tutti i responsabili delle legaltech che sostengono che la legislazione di “agevolazione” funzioni molto bene ma il Mercato è ancora “troppo diffidente”, operatori (avvocati) “pigri” se non totalmente chiusi; Ordini forensi sordi per lo più ad ogni sollecito di confronto.

A questo proposito la Morelli conclude con l’auspicio che” ci vorrebbe anche una stagione di riflessione per aggiornare le norme, ordinamentali e deontologiche, per individuare un percorso che preservi la qualità della prestazione professionale individuandone le nuove caratteristiche in un mondo che cambia, alla velocità dei processori”.

Non si può che accelerare i processi di digitalizzazione e di creazione di supporti operativi digitali che, sgravando da compiti automatici e ripetitivi, possano lasciare all’avvocato e agli studi legali l’aspetto più umano e creativo della professione. L’avvocato o lo studio potrebbe così finalmente esprimersi al meglio, in una società fortemente digitalizzata che fa del motore di ricerca di Google la sua primaria fonte di innovazione.

(Altalex, 3 giugno 2019. Articolo di Claudia Morelli)

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